Come affermato alcune settimane fa da Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente, in soli 6 mesi l'emergenza dovuta alla pandemia di Coronavirus e altri importanti fattori collegati a politiche industriali fallimentari e strategie ambientali sbagliate, avrebbero determinato un ritorno indietro di almeno un decennio per quanto riguarda i comportamenti e le scelte legate all'usa e getta.
Il problema è estremamente serio perché riguarda la conservazione dell'ecosistema mondiale, la situazione relativa all'inquinamento delle terre e degli oceani è già per molti versi allarmante e, di certo, la convinzione che utilizzare piatti, stoviglie e bicchieri monouso possa proteggere contro il contagio da COVID-19 non rappresenta un aiuto per la protezione dell'ambiente.
A quanto detto si aggiunga un recente pronunciamento della Corte dei Conti dell'Unione Europea, secondo cui le materie plastiche avrebbero un ruolo ancora troppo importante nelle dinamiche produttive degli stati membri e, se non dovesse verificarsi una repentina inversione di tendenza per molti versi difficilmente prevedibile, continueranno ad averlo anche per diversi anni a venire.
Per capire l'importanza dell'intervento da parte del tribunale di Lussemburgo è utile ricordare che entro luglio dell'anno prossimo le legislazioni nazionali avranno l'obbligo di recepire le nuove normative UE sulla plastica monouso, queste ultime sono state però definite sulla base delle previsione di traguardi che oggi appaiono irraggiungibili, soprattutto considerando quanto le discussioni in seno all'Unione siano oggi concentrate su ben altri argomenti, come per esempio la gestione della pandemia e la destinazione dei finanziamenti derivanti dal Recovery Fund.
Per fornire un esempio riguardo ai ritardi accumulatisi in particolare nel corso del 2020, basti pensare che l'Europa prevedeva di recuperare non meno della metà del packaging entro il 2025 per poi arrivare fino al 55% entro il quinquennio successivo. Considerando che, come sottolineato da Samo Jereb, uno dei componenti della Corte Europea, la quantità di materiale che viene incenerito è ancora troppo superiore a quello che si riesce a riciclare, le attuali prospettive non sembrerebbero essere rosee.
Volendo, l'Italia, che per molti versi si è dimostrata un'eccellenza in settori dell'economia circolare come quello del recupero e del riciclo dell'alluminio, potrebbe reagire più prontamente di altri Paesi al monito di Lussemburgo, mettendo a disposizione la propria esperienza anche per segmenti come quello del riciclo della plastica.
Una delle ipotesi formulate per facilitare il raggiungimento dei target europei è quella che riguarda l'eventuale introduzione di una nuova tassazione che costringa l'industria ad adattarsi più velocemente, ma almeno per il momento questa possibilità sarebbe stata esclusa nella Penisola dove Roberto Gualtieri, Ministro dell'Economia e delle Finanze del Governo Conte, avrebbe dichiarato la sua contrarietà ad una misura che in Europa potrebbe colpire un comparto del valore di 400 miliardi di euro all'anno con oltre 1.5 milioni di unità lavorative impiegate.
Ad oggi il 60% dei rifiuti prodotti nel Vecchio Continente sarebbe rappresentato da contenitori per alimenti e bottiglie d'acqua realizzati con materiale plastico, mentre a livello mondiale si arriverebbe a non meno del 40%. Diminuire drasticamente tali percentuali in appena il 5-10% sembrerebbe oggi un obbiettivo molto difficile da raggiungere.